Dalla cecità, alla sordità, alla paraplegia, alla Sindrome di Asperger, la disabilità nel cinema ha successo ed è educativa
Il primo film sulla disabilità nel cinema rimasto nella memoria, anche per il successo da Oscar, fu Anna dei miracoli, del 1962. Racconta i progressi che l’insegnante Anna Sullivan fece fare alla ragazza sordo-cieca Helen Keller. Da lì in poi numerose pellicole hanno messo a fuoco la disabilità. Questo ha permesso di far conoscere potenzialità e valore dei disabili e avviare un dialogo educativo con i giovani.
Handicap e diversità: buonismo e commiserazione
I film più vecchi mostravano la disabilità nel cinema soprattutto con occhio di buonismo e commiserazione. Si poneva il focus da un lato sulla diversità e dall’altro sulla commiserazione e autocommiserazione. Dalle pellicole emergeva spesso un buonismo poco convincente.
La sordità, la cecità e gli handicap visivi, la difficoltà motoria o psichica sono stati spesso raccontati con superficialità. I registi non hanno lasciato spesso spazio ad un racconto aperto al futuro e al senso di opportunità e vera rivincita.
Dall’autismo come disabilità di cui approfittarsi, come in Tim-un uomo da odiare, una delle prime pellicole di Mel Gibson, molto è cambiato il modo in cui viene proposta la disabilità nel cinema.
Difficoltà e opportunità: handicap e quotidianità
La maturazione nella cultura sociale e nelle legislazioni pubbliche ha contribuito fortemente a far guardare diversamente alla disabilità nel cinema: una difficoltà che può essere affrontata insieme a parenti, amici e supporti esterni.
Anche i molti progressi nella disponibilità di ausili per la disabilità ha avuto un peso nel mostrare la disabilità come una condizione che può avere una propria normalità.
Tra i film che più di recente hanno dato spazio ad una visione della disabilità autentica con amplissimi squarci di ironia c’è Quasi amici. Il film francese è ispirato ad una storia vera e associa anche abilmente il tema dell’handicap a quello del razzismo.